Il 30 aprile di 43 anni fa, il sindacalista Pio La Torre e il suo collaboratore e autista, Rosario Di Salvo, venivano uccisi per mano della mafia. La Torre nacque il 14 dicembre del 1927 a Baida, una borgata di Palermo, in una famiglia di contadini. Si laureò in scienze politiche all'Università degli Studi di Palermo nel 1961. Sin da giovane si impegnò, finendo anche in carcere, a favore dei diritti dei braccianti, prima nella Federterra, poi nella CGIL dal 1952 come segretario provinciale di Palermo e, infine, aderendo al Partito Comunista Italiano, di cui divenne segretario regionale. Sulla base di una proposta di legge da lui presentata, venne promulgata la legge 13 settembre 1982 n. 646, la quale prevedeva, per la prima volta nell'ordinamento italiano, il reato di "associazione di tipo mafioso", e la confisca dei patrimoni di provenienza illecita.
E' ricordato per il suo impegno contro Cosa nostra, a seguito del quale venne assassinato il 30 aprile 1982. Un testimone collegò Mario Prestifilippo, un mafioso italiano e membro di Cosa nostra, all’omicidio di Pio La Torre, ma le indagini furono complesse per l’uso di armi insolite. Nel 1984, su accusa del pentito Buscetta, un importante membro di Cosa nostra che dopo l'arresto fu uno dei primi mafiosi a collaborare con la giustizia, furono emessi mandati contro i vertici dei Corleonesi. Nel 1989, grazie al pentito Francesco Marino Mannoia, le indagini sull’omicidio La Torre ripresero, con l’accusa di Greco e Rotolo, come esecutori. Nel 1990 si ipotizzò anche un possibile coinvolgimento di Gladio, ma il giudice Falcone fu ostacolato nell’approfondimento. I delitti politici siciliani furono riuniti in un’unica istruttoria che portò, nel 1991, al rinvio a giudizio dei vertici mafiosi secondo il “teorema Buscetta”. Il processo si concluse nel 1995 con condanne all’ergastolo per i mandanti mafiosi. Successivamente, nel 2004, anche gli esecutori materiali, Madonia e Lucchese, furono condannati all’ergastolo.
Pio La Torre è oggi un simbolo importante di legalità, di impegno civile e un esempio di coraggio per le nuove generazioni, ricordato per aver introdotto il reato di “associazione di tipo mafioso”, per essere stato uno dei primi politici a parlare apertamente dei legami tra Cosa Nostra e istituzioni e per aver lavorato a stretto contatto con sindacalisti e contadini per la riforma agraria e contro il potere mafioso nelle campagne.