Il 13 gennaio in Iran è stata confermata dalla Corte Suprema la condanna a morte per l’attivista e operatrice umanitaria curda Pakhshan Azizi accusata di “ribellione armata contro lo Stato”. E’ stata arrestata nell’agosto 2023 e ora si trova nell’ala femminile del carcere di Evin (carcere iraniano per dissidenti politici). La quarantenne è accusata di far parte dei gruppi armati curdi fuorilegge che si ribellano contro lo Stato iraniano. L’accusa è stata giudicata dal suo avvocato, Amir Raisian, ingiusta e priva di prove veritiere. Il ricorso dell'avvocato è stato respinto dalla Corte Suprema. Pakhshan ha aiutato donne e bambini nei campi del nord-est della Siria e dell’Iraq a causa dei crimini di Da’esh (gruppo armato dello Stato islamico) e durante gli interrogatori per cercare di farle pronunciare qualche “verità” è stata maltrattata e costretta a sparizione forzata. La sede in Norvegia degli “Iran Human Rights” ha annunciato che già 31 donne sono state giustiziate nel 2024. La sentenza illegale è stata emessa per incutere timore nei confronti delle minoranze etniche: curde e beluci, e per aumentare il ricorso alla pena di morte, dopo le proteste del 2022-2023 guidate da donne forti in Kurdistan.
Dopo il suo arresto arbitrario, Pakhshan Azizi ha intrapreso diversi scioperi della fame, tra cui uno nel maggio 2024, per protestare contro il trasferimento dell’attivista curda Verisheh Wrisha Moradi dal reparto femminile della prigione di Evin alla sezione 209. Lo sciopero della fame è terminato quando la donna è stata trasferita nuovamente nel reparto femminile. Per il continuo attivismo per i diritti umani di Pakhshan Azizi le autorità hanno aperto due nuove inchieste contro di lei e le hanno negato i contatti con la famiglia. A metà agosto 2024 le autorità hanno aperto un'indagine contro Azizi per “disordini in carcere” in relazione al suo attivismo per le elezioni presidenziali in Iran, svoltesi in due turni tra la fine di giugno e l’inizio di luglio 2024. Dal 6 luglio a metà settembre 2024, le autorità hanno negato a Pakhshan Azizi tutti i contatti con la famiglia. Le è tuttora impedito di ricevere visite di persona. Le autorità hanno iniziato una nuova indagine all’inizio di settembre 2024 quando Pakhshan Azizi e molte altre persone, tra Narges Mohammadi, hanno protestato contro l’intensificazione dell’uso della pena di morte da parte delle autorità iraniane.
La conferma della condanna “riflette la determinazione del regime ad aumentare la repressione delle donne e a vendicarsi del magnifico e potente movimento “Donna, Vita, Libertà”.