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Misoginia e femminicidio: ieri e oggi

25-11-2024 11:12

Rebecca Giordano

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Misoginia e femminicidio: ieri e oggi

Femminicidio e violenza di genere: cause, impatti sociali e l'importanza di educare e promuovere leggi per proteggere le donne.

Secondo i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, la prima causa di uccisione nel Mondo delle donne tra i 16 e i 44 anni è l'omicidio da parte di persone conosciute.

Questo fenomeno viene chiamato femminicidio. Questo termine deriva dall'inglese femicide e indica gli omicidi basati sul genere, ovvero assassini di donne commessi da parte di partner, di ex o dai padri. Identifica un fenomeno molto ampio che include  comportamenti che minano la libertà, la dignità e l’integrità di una donna, e che possono culminare nell’omicidio, nel tentativo di uccisione o in gravi forme di sofferenza. È quindi “femminicidio” tutto ciò che implica un odio verso l’universo femminile “proprio perché tale”.

Femminicidio è un termine relativamente nuovo, entrato a far parte del vocabolario italiano solo a partire dal 2001. 

Prima del 2001, l’unica parola esistente di significato analogo era “uxoricidio”. Tuttavia  limitava il significato del termine all’uccisione di una donna in quanto moglie o, più in generale, all’uccisione del coniuge. La coniatura del termine "femminicidio" ha consentito, invece, di identificare l’uccisione di una donna proprio “in quanto donna”.

 

Negli ultimi quattro anni in Italia sono avvenuti 475 omicidi volontari di donne, ma "solo" per 397 di questi si può parlare di femminicidio.

Ogni singolo giorno, in Italia, 85 donne sono vittime di violenza sessuale, maltrattamenti in famiglia o episodi di stalking.

I casi più frequenti sono sicuramente quelli legati alla sfera del rapporto sentimentale: gelosia, amore possessivo e morboso, intento di porre la compagna a sottomissione. 

Una forma particolare di femminicidio è costituita dalla violenza domestica, un fenomeno molto diffuso, ma purtroppo ancora in gran parte sconosciuto e sottovalutato, che riguarda tutte le classi socio-culturali ed economiche, senza distinzioni di età, credo religioso o razza.

Gli atti di violenza nella coppia nei confronti delle donne, sono causati da un sistema di credenze culturali che spinge di frequente a considerare la donna in una posizione gerarchicamente inferiore all’uomo. 

Sentiamo sempre più spesso parlare di questo tema perché, grazie alle battaglie femministe del secolo scorso in nome della parità uomo-donna, quest’ultima ha acquisito più potere e continua ancora oggi a rivendicarlo. Man mano che la donna acquista gli stessi diritti degli uomini, però, essi si sentono depredati di quella che è considerata da sempre la loro caratteristica identitaria più importante: la forza.‍

L'uomo che si rende attore di violenza è un uomo che ha paura della donna, perché la sente contrapposta al suo mondo e alla sua ideologia, e ciò lo spinge a considerarla come un pericolo per la sua identità.

L’innesco della violenza è spesso dato dal sentimento di minaccia di abbandono che l’uomo avverte quando si rende conto che la “sua” donna vuole lasciarlo, separarsi da lui, costruirsi una vita indipendente o con un altro partner. Questo timore produce un senso di disperazione, di piccolezza, di fallimento e solitudine e quindi genera violenza.

Stiamo diventando sempre più una società violenta perché siamo abituati al “Tutto e subito” ed al “Tutto concesso”. 

Anche nella mitologia greca e nella Bibbia compare una visione di subordinazione della donna all’uomo, non solo accettata, ma anche considerata giusta, fondata e razionale.

La mitologia greca ci regala drammi avvincenti e storie immortali, ma è anche uno specchio di una società in cui le donne erano spesso relegate a ruoli marginali, vittime di inganni divini e umani.

In particolare Eva e Pandora rappresentano, l’una secondo la Bibbia e l’altra secondo la mitologia greca, la prima donna. Un aspetto molto interessante è sicuramente il modo in cui la relazione tra queste due donne e il male si manifesta: non sono banalmente esse stesse il male ma sono l’essere attraverso il quale il male si propaga tra gli uomini. Da non dimenticare è Elena di Troia, la “faccia che lanciò mille navi”. Ridotta a mero oggetto del desiderio, la sua volontà è completamente irrilevante. Elena è il pretesto per una guerra decennale, una marionetta nelle mani degli dei e degli uomini, la cui bellezza è la sua unica colpa.  Elena è un tipico esemplare di donna-oggetto: sballottata come un pacco-espresso da una parte all’altra del mondo antico, è bersaglio delle congetture di un servizio postale tutto al maschile.  E' così che diviene la catalizzatrice di tutte le misoginie, modello di tutte le adultere, persino di tutte le donne, potenziali colpevoli se nella loro vita arriva un Paride. Diviene un vero e proprio archetipo.


Attraverso l’analisi di queste tre figure femminili, possiamo osservare come spesso, nei più svariati contesti narrativi, ruoli particolarmente scomodi siano stati attribuiti proprio alle donne.
Per interrompere e prevenire il femminicidio e il ciclo della violenza nella realtà quotidiana, occorre non minimizzare il fenomeno, anzi sensibilizzare i giovani fin dalle scuole primarie di secondo grado. Come? Attuando una modifica graduale delle leggi a tutela delle donne e contribuendo alla nascita di numerosi enti e associazioni che si propongono di dare un aiuto concreto alle donne, in tutti i casi di violenza fisica o psicologica.

È necessario quindi individuare e ridefinire tutti quei concetti legati agli stereotipi di genere, che relegano la donna nel ruolo di vittima e l’uomo in quello di carnefice.
 

LICEO STATALE FRANCESCO DE SANCTIS

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